Intervistiamo lo scrittore Diego Galdino. Tra i suoi titoli c’è anche Bosco bianco, la sua ultima opera che ha anche un valore personale. Scopriamolo insieme.
Domande di Valentina:
1. Dalla sua biografia sappiamo che lei è conosciuto anche come “lo scrittore barista” in quanto tutt’ora lavora nel bar di famiglia. Quando è nata la sua passione per la scrittura e all’inizio della sua carriera, com’è riuscito a conciliare le due cose?
Si può dire che sono diventato lo scrittore di oggi per merito – o colpa – di una ragazza adorabile che a sua volta adorava Rosamunde Pilcher, una scrittrice inglese che di storie d’amore se ne intendeva parecchio. Un giorno lei mi mise in mano un libro e mi disse: «Tieni, questo è il mio romanzo preferito, lo so, forse è un genere che piace più alle donne, ma sono certa che lo apprezzerai, conoscendo il tuo animo sensibile». Il titolo del romanzo era Ritorno a casa e la ragazza aveva pienamente ragione: quel libro mi conquistò a tal punto che nelle settimane a seguire lessi l’opera omnia dell’autrice. Il mio preferito era I cercatori di conchiglie. Scoprii che il sogno più grande di questa ragazza di cui ero perdutamente innamorato era quello di vedere di persona i posti meravigliosi in cui la Pilcher ambientava le sue storie, ma questo non era possibile perché un grave problema fisico le impediva gli spostamenti lunghi.
Così, senza pensarci due volte, le proposi: «Andrò io per te, e i miei occhi saranno i tuoi. Farò un sacco di foto e poi te le farò vedere». Qualche giorno più tardi partii alla volta di Londra, con la benedizione della famiglia e la promessa di una camicia di forza al mio ritorno. Fu il viaggio più folle della mia vita e ancora oggi, quando ci ripenso, stento a credere di averlo fatto davvero. Due ore di aereo, sei ore di treno attraverso la Cornovaglia, un’ora di corriera per raggiungere Penzance, una delle ultime cittadine d’Inghilterra, e le mitiche scogliere di Land’s End. Decine di foto al mare, al cielo, alle verdi scogliere, al muschio sulle rocce, al vento, al tramonto, per poi all’alba del giorno dopo riprendere il treno e fare il viaggio a ritroso insieme ai pendolari di tutti i santi d’Inghilterra che andavano a lavorare a Londra. Un giorno soltanto, ma uno di quei giorni che ti cambiano la vita. Tornato a Roma, lasciai come promesso i miei occhi, i miei ricordi, le mie emozioni a quella ragazza e forse le avrei lasciato anche il mio cuore, se lei non si fosse trasferita con la famiglia in un’altra città a causa dei suoi problemi di salute. Non c’incontrammo mai più, ma era lei che mi aveva ispirato quel viaggio e in fin dei conti tutto ciò che letterariamente mi è successo in seguito si può ricondurre alla scintilla che lei aveva acceso in me, la voglia di scrivere una storia d’amore che a differenza della nostra finisse bene.
In effetti come direbbe Hugh Grant di Notting Hill tutto è un po’ surreale, ma bello. La mia è un po’ una doppia vita come quella di Clark Kent e Superman. La cosa più bella è quando vengono al Bar lettori dei paesi in cui sono stati pubblicati i miei romanzi, per farsi fare una dedica o scattarsi una foto dietro al bancone insieme a me. Vedere le loro facce incredule quando entrano nel Bar e mi trovano dietro al bancone a fare i caffè come il protagonista dei miei romanzi è qualcosa di bello a cui non mi abituerò mai. Lì si rendono conto che è tutto vero, che non mi sono inventato niente, che sono entrati a far parte delle mie storie come i personaggi dei libri che hanno letto. Poi quando gli presento Antonio l’idraulico, Pino il parrucchiere, Luigi il falegname e il tabaccaio cineromano “Ale Oh Oh” la loro realtà supera la mia fantasia.
2. Il suo primo romanzo si intitola “Il primo caffè del mattino” mentre lo scorso anno è stato pubblicato dalla casa editrice Sperling & Kupfer il sequel “L’ultimo caffè della sera”. Qui la domanda sorge spontanea, quanto della sua professione di barista possiamo ritrovare nelle sue opere?
In realtà non era previsto che io scrivessi il seguito de Il primo caffè del mattino, non sono un amante dei seguiti, preferisco da sempre cimentarmi in storie autoconclusive. Ma negli ultimi anni mi sono capitate un sacco di cose brutte, o almeno non belle, che hanno stravolto la mia vita e il Bar di famiglia che poi è la stessa cosa. Così ho deciso di scrivere L’ultimo caffè della sera, come dico sempre: ‘per rendere leggendario l’ordinario’, perché di Bar dove bere il caffè ce ne sono tantissimi e in tutto il mondo, ma come quello dove sono nato e ancora oggi continuo a fare i caffè credo ce ne siano pochissimi. Anch’io come Massimo il protagonista de Il primo caffè del mattino ho perso un grande amico, un secondo padre. È stata una perdita, come accade nel mio nuovo romanzo, improvvisa, destabilizzante, per me e per il bar. Qualche mese dopo anche mio padre, quello vero, si è ammalato gravemente. Così sono rimasto da solo, sia fuori, che dietro il bancone del bar. A quel punto, sono dovute cambiare tante cose, ho dovuto reinventarmi e per non mandare perduti i ricordi e le persone, ho deciso di scrivere questo libro mettendoci dentro tutto, le battute e gli aneddoti che per me erano familiari, erano casa, aggiungendoci ciò che mi rende lo scrittore che sono…L’amore. Il primo caffè del mattino parla di un Bar, di quelli che forse ormai non esistono più. Parla di chi ci lavora dentro, di chi ci passa a prendere un caffè tutte le mattine, o ci passa le giornate o la vita come se facesse parte di una famiglia.
3. Nel suo nuovo romanzo “Bosco Bianco” parla dell’amore nelle sue molteplici manifestazioni: l’amore per un luogo speciale, per una donna, per i figli. Possiamo quindi affermare che l’amore è il perno centrale della narrazione?
Il perno centrale della storia è la tenuta di Bosco Bianco, negli altri miei libri era l’amore incarnato nei protagonisti il fulcro del mio intreccio narrativo, in questa storia è una casa dove l’amore si ferma a riposare tra un cuore e l’altro. Se l’amore abita in un posto, beh! Io me lo immagino come Bosco Bianco.
4. A proposito di luoghi speciali, la tenuta di “Bosco Bianco”, che dà il nome al romanzo, si affaccia sulla Costiera Amalfitana. Quale rapporto ha con questo splendido posto fiore all’occhiello del nostro Paese?Sono da sempre affezionato alla Campania, e anche alla Costiera Amalfitana che considero uno dei posti più belli d’Italia, ma anche ai miei numerosi lettori campani che mi hanno dato sempre fiducia. Ogni volta che vado a presentare i miei romanzi trovo tanto affetto e rispetto, quindi ho voluto omaggiare questa terra che mi ha sempre accolto a braccia aperte.
5. Spesso quando si narra una storia, ci si rifà al proprio vissuto personale o a quello delle persone intorno a noi. Altre volte, invece, preferiamo lasciarci trasportare dall’immaginazione. Nelle sue opere conta più la fantasia o l’esperienza diretta?
Per quanto riguarda le mie due storie dedicate al caffè, c’è moltissimo di autobiografico, perché in realtà non ho fatto altro che trasferire il mio bar di famiglia con tutti i suoi clienti nel rione Trastevere, raccontando aneddoti della mia infanzia ed adolescenza passate in questo bar. Ma se devo essere sincero i romanzi da cui mi sento maggiormente rappresentato come scrittore di romanzi d’amore sono quelli in cui non è presente il caffè, perché sono solo frutto della mia fantasia, della mia immaginazione. Il pensiero di riuscire a creare dal nulla un posto come Bosco Bianco mi gratifica tantissimo e mi fa sentire uno scrittore davvero speciale. 6. Una domanda d’obbligo da fare a uno scrittore, quali sono state le sue letture formative e quali libri non dovrebbero mai mancare sullo scaffale di chi vorrebbe fare della scrittura la propria professione?
Il mio libro della vita è Persuasione di Jane Austen, perché è il romanzo d’amore che maggiormente mi rappresenta come scrittore e come lettore. Ma sono tanti gli scrittori a cui devo essere grato, perché leggere le loro opere ha sicuramente contribuito a fare di me lo scrittore che sono. Penso a Nicholas Sparks, Mark Levy, Musso, Paullina Simons, Evans.
7. Oggi lei è un autore affermato e i suoi romanzi sono pubblicati in otto paesi europei e in Sud America, ma all’inizio della sua carriera, quali difficoltà ha dovuto affrontare? Inoltre, nel 2019 in Italia, è possibile vivere di sola scrittura?
Prima di arrivare al successo letterario ho fatto quasi quindici anni di gavetta, se si può definire così. Pubblicando con case editrici minori e incontrando persone serie e altre meno serie. Per quanto riguarda il vivere di sola scrittura, credo che in un paese dove si legge pochissimo sia difficile, di sicuro ci sono scrittori che fanno numeri importanti e che ci riescono, ma la maggior parte credo che come me debbano fare anche altro.
8. Tornando ai suoi lavori finora pubblicati, a quale è più affezionato e per quale motivo?
Sarebbe facile dire Il primo caffè del mattino, perché è il romanzo che mi ha dato il successo nazionale ed internazionale, in realtà il romanzo a cui sono più affezionato è Mi arrivi come da un sogno il libro per il quale sono stato preso nell’agenzia letteraria di Vicki Satlow uno degli agenti letterari più bravi ed importanti al mondo e dalla casa editrice Sperling & Kupfer.
9. In base alla sua esperienza, quale tema, se mai ci fosse, uno scrittore non dovrebbe mai trattare nelle sue opere? Esistono degli argomenti tabù nei suoi romanzi?
Secondo me uno scrittore dovrebbe scrivere senza pensare, senza scalette, scrivere quello che sente prorompere dal suo animo. Non amo la volgarità gratuita o le scene di sesso fine a se stesse, messe lì per stupire il lettore. Da questo punto di vista i drama coreani sono di grande insegnamento.
10. Quale rapporto ha con i suoi lettori? Quando scrive una storia, pensa a chi la leggerà?
11. Un’ultima domanda, ho letto che è stato definito il “Nicholas Sparks” italiano ( Diego Galdino, Amore e Sensibilità, La Repubblica, 26 aprile 2017). Si ritrova in questa definizione?
Mi fa sorridere imbarazzato e anche preoccupato che lui mi denunci per diffamazione. A parte le battute, è un paragone che mi lusinga tantissimo, perché considero Sparks una stella polare per tutti gli scrittori che si cimentano nel genere romantico.
Domande di Tatiana
1 Ho letto che il suo libro d’esordio “Il primo caffè del mattino” diventerà un film, quanto è stato coinvolto in questo progetto e cosa ne pensa delle trasposizioni cinematografiche?
Andiamoci piano, la trattativa è ancora in corso e i tempi in queste cose sono lunghissimi. Per un grande appassionato di cinema quale sono io vedere una propria storia sul grande schermo è la sublimazione del sogno. A volte le trasposizioni cinematografiche penalizzano i libri da cui sono tratte, ma quando sono veritiere e fedeli al libro il risultato può davvero essere eccezionale, o addirittura migliore del libro stesso, come nel film I ponti di Madison County.
2 E’ stato definito una delle voci più fresche per quanto riguarda la commedia romantica italiana, come mai ha deciso di esplorare questo genere? Cosa la incuriosisce di più delle relazioni interpersonali e sentimentali da poter descrivere nei suoi libri?
Per un innamorato di Jane Austen non esiste altro genere che le commedie romantiche. Vivo pensando che esistono persone destinate ad incontrarsi e a restare insieme per sempre. O che esistano anime gemelle che vivono tante vite ma un solo amore. Credo nel colpo di fulmine e nelle seconde occasioni.
3 Roma è al centro di più d un suo libro, quanto i luoghi che scegli sono importanti per raccontare la storia che vuole sviluppare?
Le mie storie iniziano sempre grazie ad un posto, un posto in cui mi piace immaginare le persone che ci vivono, o parlando di posti che conosco e che cerco di far conoscere anche ai miei lettori attraverso la mia scrittura.
4 Tra i libri che ha scritto qual è il personaggio a cui è affezionato?
Clark Kent perché come lui mi sento un supereroe dei sentimenti.
5 In “Ti vedo la prima volta” affronta la tematica della narcolessia, cosa l’ha portata a scegliere questo particolare disturbo e cosa voleva raccontare al lettore di questa patologia?
Ho avuto la possibilità di parlare con persone affette da questa gravissima malattia incazzate nere perché nei film e nei libri la narcolessia veniva descritta o associata solo a situazioni ironiche o a persone con altre diverse problematiche. Ho voluto far capire nel mio piccolo alla gente che la Narcolessia d’ironico non ha nulla e può esserne affetto chiunque.
6 Cosa l’ha spinta a scrivere il sequel del libro “Il primo caffè del mattino” era pianificato oppure sentiva di non aver ancora concluso quello che voleva raccontare?
Non credo di aver molto da aggiungere a quanto ho già detto alla sua collega poco prima.
8 Quali soni i suoi progetti futuri?
Bosco Bianco è il mio ultimo romanzo auto pubblicato per una scelta di cuore. Perché per pubblicare questa storia con una nuova casa editrice avrei dovuto aspettare la primavera del 2020. Io invece ero convinto che questa storia meritasse di essere letta il prima possibile auto pubblicandolo anche se poteva sembrare una scelta azzardata dato il mio curriculum editoriale e potesse significare che questo libro potesse essere acquistato solo online a differenza di tutti gli altri precedenti che si trovavano in bella mostra in tutte le librerie d’Italia. Le tante recensioni positive che continuano ad arrivare ogni giorno mi fanno pensare che ho fatto la scelta giusta.